
Approfittiamo degli interventi di Simone Aliprandi e Diego Zanga e di un piccolo dibattito nato sulla per riportare alcune considerazioni in merito al dibattito svoltosi sabato scorso durante la terza giornata del Copyleft Festival e più in generale sull’utilità e l’efficacia di manifestazioni simili per divulgare la cultura copyleft.
Crediamo che sulle reali possibilità di vivere e guadagnare solo ed esclusivamente di progetti legati al copyleft abbia dato un quadro abbastanza aderente alla realtà Simone: molte difficoltà, un mercato in certi segmenti ancora poco recettivo, pochi guadagni a fronte di una grande passione e di uno slancio propositivo altrettanto forte.
Ma crediamo anche occorra distinguere bene a seconda dei campi nei quali ci si muove.
Un esempio: mentre crescono i progetti legati al mondo del web, dalle pubbliche amministrazioni che scelgono di “convertirsi” all’open source (anche se chi scrive preferisce parlare di free software, la differenza sarà sottile, ma come Stalmann insegna [cfr. Richard Stalmann, Software libero, ed. Stampa Alternativa, 2003, pag. 17] sostanziale) a privati che operano nel settore come sviluppatori/progettisti, in altri ambiti come quello giuridico (inteso da un punto di vista professionale: avvocati che prestano assistenza nell’ambito del diritto d’autore) la cultura copyleft fatica ancora a trovare spazi e dignità.
Questo può essere sicuramente conseguenza di un modo tutto italiano di affrontare questioni giuridiche: non si cerca tanto di utilizzare contratti ben congegnati avvalendosi dell’opera di giuristi ultra specializzati nel settore, ma piuttosto si ricorre all’avvocato poi, in sede di controversia. E spesso, in tema di diritto d’autore, o “nuovo” diritto d’autore che dir si voglia, l’avvocato al quale ci si rivolge non ha quella formazione necessaria ad inquadrare ottimamente la vicenda. Inoltre chi è disposto a pagare per un libro o un concerto non ritiene opportuno spendere per una consulenza legale, abbondano (Simone potrà confermare) richieste di consigli, contratti tipo, consulenze a titolo “amicale”. Ehi, non vorrai dei soldi da chi la pensa come te e chiede solo un consiglio? Tu che parli di libera cultura chiedi denaro? Vergogna! Incoerente ed ipocrita. E qui si aprirebbe una discussione infinita sull’italico modo di ragionare, più vicino a poco nobili zone anatomiche piuttosto che alla grigia sede deputata.
Ma ritorniamo a noi: dunque il mercato, dal punto di vista della domanda, in certi settori, è carente, e di conseguenza l’offerta non cresce, offerta fatta di persone che non trovando opportunità lavorative ma con bollette figli a carico e tasse da pagare cercano come chiunque altro sbocchi e prospettive lavorative in ambiti diversi.
Il problema è allora: come aumentare la domanda?
Le risposte possono essere molteplici, di certo nel momento in cui aumentano soggetti che scelgono di rilasciare le proprie opere con licenze creative commons e similari, specie se questi soggetti sono forti sul mercato (in termini di copie vendute se trattasi di scrittori, di remunerazione per i diritti legati al brano musicale o di live se trattasi di musicisti e via dicendo) stando al solo settore giuridico, aumenta il bisogno di tecnici che tutelino, consiglino, perfezionino contratti pensati per situazioni legate al tradizionale modello di copyright.
E qui entrano in gioco le esperienze di taglio divulgativo, come Copyleft festival.
Mi spiego meglio, se cinque autori della più grande scuola per fumettisti in Italia per la prima volta rilasciano delle tavole in creative commons (nello specifico i disegni del racconto “Notturno a Villa Wanda”, realizzati live nei piovosi giorni del festival), se Giancarlo De Cataldo dopo il nostro invito decide di parlare con Einaudi, casa editrice per la quale pubblica, e con il proprio legale circa la possibilità di rilasciare il prossimo libro sotto licenza creative commons, se i disegnatori di Iuk e di conseguenza Xl, non proprio l’ultima delle riviste musicali italiane, scoprono grazie al festival il copyleft, se circa l’80% dei quotidiani nazionali tratta del festival, per non parlare delle radio e delle riviste on-line (vedi rassegna stampa) allora un piccolo contributo alla conoscenza del movimento è stato dato.
Non credo esistano ricette magiche, ma chi ha occhi per vedere e testa per pensare noterà che laddove c’è qualità, professionalità, e tanta passione (o sbattimento, che dir si voglia) i risultati lentamente arrivano, a mo’ di esempio potremmo citare Wu Ming, Kai Zen, Self Comics, Beatpick, Anomolo Records, Homework, Gaffi, Fronte Popolare Per La Musica Libera, tanto per stare ad alcuni degli ospiti di due edizioni del festival.
Ehi ragazzi, in fondo vogliamo cambiare il modo di diffondere la cultura e a ben vedere il concetto di cultura stessa, non lucrare su piccoli artisti e tassare assurdamente chi prova a creare spazi culturali (per quello c’è già la Siae).
Pensavate fosse una passeggiata?
InProspettiva
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